mercoledì, Aprile 24, 2024

Adesione ai contratti di fiume

 

CHE COSA E’ UN CONTRATTO DI FIUME?

I contratti di fiume in Europa si sono sviluppati, a partire dalla Francia nei primi anni ’80 per poi diffondersi in pochi anni in molte altre nazioni come il Belgio, il Lussemburgo i Paesi Bassi, la Spagna e l’Italia, in molti casi sotto forma di processi transfrontalieri che interessavano più territori. I contratti francesi richiamano gli accordi ambientali a carattere volontario non aventi natura vincolante e si basano su un livello di concertazione tra enti e tra livelli di pianificazione e programmazione molto forte e su un coinvolgimento delle comunità locali principalmente legato alle fasi informativa e consultiva.

Questo modello nella sua diffusione europea ed extra-europea ha trovato molteplici interpretazioni metodologiche e contenutistiche. In Belgio e in particolare nella Vallonia, si è senza dubbio raggiunta l’evoluzione più originale. I contratti valloni derivano sempre da istanze locali, promosse da soggetti pubblici e privati che decidono di creare degli accordi per risolvere problemi comuni in forma congiunta e concertata. Rispetto alla Francia, in Vallonia l’aspetto concertativo e l’estensione del coinvolgimento dei soggetti non istituzionali sono affrontati con maggior convinzione. Questo aspetto è rintracciabile in un sostanziale bilanciamento tra le tipologie di promotori dei contratti stessi. Accanto ai Comuni si trovano infatti altrettante associazioni o reti di associazioni ambientaliste, culturali e sportive. Al di fuori dell’Europa lo stato nel quale i contratti di fiume hanno trovato maggior diffusione è senza dubbio il Canada.

Casi di sviluppo di contratti di fiume in territori extraeuropei sono presenti anche in ,Africa applicati al settore della cooperazione internazionale. La prima esperienza nel continente africano è stata realizzata nello stato del Burkina Faso secondo il modello metodologico vallone, poiché direttamente ispirata al contratto di fiume del bacino fluviale del Semois.

In Italia

In Italia i contratti di fiume si stanno rapidamente diffondendo nella maggior parte delle regioni, in alcuni casi sotto forma di processi di valorizzazione fluviale partecipata, che dei contratti assumono di fatto le modalità operative.

La Regione Lombardia ha avviato il proprio impegno nei contratti di fiume con la partecipazione al progetto Netwet 2 Water Telematic Platform, approvato e finanziato dall’Unione europeanell’ambito del programma d’iniziativa comunitaria interreg IIIb cadses 2000-2006. Il compito della Regione all’interno del progetto Netwet 2 era proprio quello di realizzare un esempio dimostrativo di contratto di fiume nell’area ad alto rischio ambientale e idraulico del bacino Lambro-Seveso-Olona, contribuendo così alla creazione di nuove condizioni di partecipazione e sinergia per la gestione sostenibile delle risorse idriche a livello di bacino idrografico. Questa iniziativa ha segnato l’avvio di una prima fase, propedeutica alla diffusione dei contratti di fiume e all’emanazione della L.R. 26/03 che, al titolo V Disciplina delle risorse idriche, capo II, individua i contratti di fiume (così come i contratti di lago) come processi di sviluppo del partenariato funzionali all’avvio della riqualificazione dei bacini fluviali.

Una seconda fase, a partire dal 2004, coincide con il concreto avvio dei contratti secondo la forma dell’Accordo quadro di sviluppo territoriale, ossia secondo una modalità di programmazione del territorio che prevede la partecipazione ai tavoli decisionali di soggetti privati accanto alle Amministrazioni pubbliche cointeressate. Oggi questa rete coinvolge circa 150 firmatari e vede la partecipazione di oltre 1500 soggetti interessati a vario titolo nei processi di riqualificazione paesaggistico-ambientale in atto, programmati o progettati (Clerici, 2010). La maggior parte dei processi in atto, più di 40, si caratterizza per interventi alla scala di sottobacino e per il ruolo dei parchi, come promotori dei contratti.

In Piemonte i contratti di fiume sono stati attivati, secondo l’art. 10 delle Norme di piano, quali strumenti di programmazione negoziata per l’applicazione sul territorio del Piano di tutela delle acque (PTA) approvato nel marzo 2007, redatto in applicazione della normativa nazionale (D.Lgs. n. 152/2006). La Regione, inoltre, ha rafforzato la valenza istituzionale del contratto di fiume e di lago richiamandolo espressamente anche nelle Norme tecniche attuative del Piano territoriale regionale (PTR) adottato nel dicembre 2008.

In Veneto solo alcune Amministrazioni locali più sensibili alle tematiche ambientali sembrano mostrare interesse per l’adozione di un Contratto di Fiume. Il Comune di Silea (TV) sta considerando con interesse l’ipotesi di realizzare un Contratto di Fiume per il sistema idrografico dei fiumi Melma e Nerbon, ma le altre amministrazioni locali rivierasche nicchiano. Mediante la sottoscrizione di un Contratto di Fiume possono essere raggiunti, in modo consapevole e condiviso, gli ambiziosi obbiettivi che le direttive europee sull’acqua (2000/60/EC e 2007/60/EC) si pongono: il buono stato ecologico e la sicurezza idraulica dei bacini idrografici. Una simile impostazione può essere adottata anche per il cosiddetto Piano Regolatore delle Acque(un’innovazione tutta veneta, per ora limitata alla sola Provincia di Venezia).

In Emilia Romagna le prime esperienze di contratti di fiume sono state promosse nel 2006 dalla Regione con il contributo della Provincia di Bologna, della Provincia di Modena e del Comitato acque bacino del Reno. Tali iniziative che hanno preso il nome di Patti di fiume hanno interessato il bacino idrografico Samoggia-Lavino.

In Toscana possiamo attualmente individuare due filoni di sviluppo per i contratti di fiume: uno promosso dalle istituzioni e legato alla connessione con i piani di distretto e l’altro più legato alla nascita di movimenti spontanei che promuovono processi di costruzione dal basso. L’Umbria sta ponendo una crescente attenzione alle politiche inerenti alla tutela e alla gestione dei corsi d’acqua. Tale processo fa perno sul riconoscimento del Tevere come elemento identitario regionale da valorizzare. A questo fine è nato il Progetto Tevere uno dei sette progetti strategici individuati nel disegno strategico territoriale (dst) per lo sviluppo sostenibile della Regione Umbria.

In Puglia l’attenzione ai contratti di fiume nasce all’interno del Patto Val d’Ofanto. Il patto persegue l’attuazione di proposte di sviluppo interregionali e intersettoriali al fine di promuovere uno sviluppo integrato e sostenibile della Bioregione Val d’Ofanto, inquadrata in un accordo di programma delle tre Regioni Campania, Basilicata e Puglia. Al fine di diffondere i Contratti di Fiume in Italia nel 2008 è stato creato un Tavolo di Lavoro Nazionale dei Contratti di Fiume delle Agende 21 Italiane (A21 Italy) coordinato dal Comune di Umbertide.


IL CONTRATTO DI FIUME A ROMA; IL NOSTRO PROGETTO

 

Progetto di valorizzazione delle aree naturalistiche e archeologiche di Dragoncello

Progetto di valorizzazione delle aree naturalistiche e archeologiche di Dragoncello

Il quartiere di Dragoncello, possiede grandi potenzialità dal punto di vista sia archeologico, che naturalistico, mai adeguatamente valorizzate.

E’ privo, tra l’altro, di collegamenti con i quartieri limitrofi.

Provenendo dalla Dorsale Mare-Tevere, un percorso ciclabile potenzialmente adatto a collegare il mare con la sponda destra del Tevere, si arriva direttamente a Dragoncello tramite la sua rete di piste ciclopedonali (più di 6 km). Tali percorsi, adeguatamente incrementati e valorizzati e posti a norma, permetterebbero il raggiungimento di tutte le realtà del territorio.

La Torre Medievale di Dragoncello con il casale e e la villa romana, rinvenuta nel 2011, sarebbero agevolmente raggiungibili grazie ad una sentieristica con inizio da un approdo fluviale sul Tevere e percorribile lungo tutta l’area golenale del Tevere individuata come “Valle di Enea”.

Poniamo una particolare attenzione alla necessaria bonifica dell’enorme cumulo di rifiuti posti in essere dopo vari insediamenti abusivi e divenuto sistematico punto di riferimento per l’abbandono di rifiuti speciali e pericolosi.

Procedendo sulla ciclopedonale si arriva alla villa rustica romana di viale Ruspoli ed ancora a quella a confine tra Dragoncello e Dragona all’altezza di via Buzomi.

Importante realizzare un collegamento tra il Parco Vittime del Razzismo con il Parco del Drago che ricordiamo, viene curato regolarmente da anni da un gruppo di volontari rendendolo fruibile e percorribile da una rete di sentieri che mettono in risalto le potenzialità di flora e fauna.

Sul percorso di questa rette di piste ciclopedonali, prima di arrivare a via dei Romagnoli, si erge il casale abbandonato di V.le Andrea Fra di Giovanni, per il quale il nostro Cdq unitamente ad altre realtà territoriali, aveva elaborato un progetto, discusso e condiviso con l’allora Assessorato alle Periferie. Tale progetto prevedeva la sede del Cdq, una sala per conferenze e assemblee, un orto botanico, un ampio giardino, una biblioteca e un centro culturale.

Riteniamo quindi fondamentale porre l’attenzione su queste preziose valenze, ricche ed estremamente ricercate nel nostro municipio da un turismo mondiale, le quali valorizzate, curate ed adeguatamente pubblicizzate renderebbero il nostro quartiere il fiore all’occhiello di Roma, di Ostia e del suo bellissimo mare.

Il Presidente

Giovanna di Biagio

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